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martedì 14 ottobre 2008

A New Saga Begins

Scusate ma sentivo il bisogno di un titolo così.

Allora...cominciamo con le notizie interessanti.

Ho partecipato a un contest di scrittura su un forum, Writers Arena. Il tema era guerresco-storico, e il mio racconto, ambientato nell'Italia di inizio '500, si è ben qualificato, dato che sono arrivata seconda!Ringrazio i vari manuali di scrittura ( e il Duca per avermeli passati XD ).

Ma bando agli indugi, ecco un paio di link utili.


http://writersarena.forumfree.net/<--- home page del forum





Un giorno conto di imparare a sistemare i link, giuro.





Fighi i draghetti, vero?Comunque, torniamo seri. ( seeeh come no.)
Mi pare che sia giunta l'ora di postare un estratto dal mio libro, perciò ecco qua l'incipit.

Il sole tramontava a ovest facendo risplendere il cielo; come il sangue che sgorga da una ferita, il rosso si spandeva fondendosi con il rosa e l’arancio fino a toccare l’azzurro e l’indaco tendente al blu notte.
Eikha dava le spalle a tale spettacolo, seduta sul bordo di una delle più alte torri cittadine di Armònia. Teneva una gamba incrociata, appoggiandosi sul ginocchio come base di lavoro e l’altra che penzolava sfiorando la superficie di pietra del tetto.
Stava china su di sé, mentre il suo braccio destro si muoveva in modo irregolare, descrivendo grandi arcate in maniera esasperata. Poi sul suo volto comparve un’esclamazione soddisfatta.
-Si!Camicia rammendata!
Esclamò trionfante, levando in alto il braccio come un comandante che annunci alle truppe la vittoria appena ottenuta. Ma in pugno non stringeva una spada, bensì un ago di ferro, con ancora del filo.
Si affrettò a riporlo, insieme al piccolo gomitolo di filo nella scarsella più piccola, formata da un sacchetto in cuoio nero, in cui teneva anche delle silve di bronzo, monete locali.
Poi, tenendo la camicia bianca per le maniche, la mise contro il sole morente per osservare il risultato in controluce.
Effettivamente il rammendo era quasi invisibile, ma un occhio attento avrebbe rivelato che non era stato ricucito con precisione, molti punti erano disuguali, e che non era nemmeno il solo. Ma a lei andava benissimo così. La piegò molto grossolanamente e la infilò nella bisaccia che portava a tracolla, di cuoio anch’essa, ma marrone, attenta a sistemarla sopra al suo ultimo tesoro, che giaceva coperto da un vecchio panno annodato.
Ormai il sole stava scomparendo del tutto dietro la foresta, e i monti lontani.
Meglio così, pensò Eikha, i cui occhi vedevano meglio al buio che con la luce diurna.
Gettò uno sguardo alla città sottostante. Man a mano le vie si svuotavano, e la città accendeva le sue lanterne e fiaccole. La gente tornava a casa, e anche lei doveva farlo.
Si girò e raggiunse la parte opposta del parapetto della torre. Più in basso c’era il tetto di una casa a tra piani, abbastanza alta quindi.
Abbastanza per gli scopi di Eikha.
Controllò che la spada di legno fosse ben fissata alla cintura, richiuse le due fibbie della bisaccia con attenzione e fece un respiro profondo.
Poi saltò. Il suo corpo reagì istintivamente, guidandola in delle precise capriole che la fecero atterrare in piedi proprio sulla trave centrale del tetto spiovente.
Impiegò qualche istante per riacquistare il proprio equilibrio, controllò la bisaccia, ma non parve vi fosse uscito nulla. Aveva per il suo contenuto una cura che si sarebbe detto avesse appena trovato un vero tesoro.
Continuò a camminare con una sicurezza e una sfrontatezza felina sulla trave per poi passare su quella dell’edificio vicino.
Si adattò a varie altezze senza problemi, cercando sempre di non essere vista, grazie alla sua leggerezza e agilità che le permettevano di percorrere quell’insolito sentiero senza cadere o scivolare.
Rapidamente raggiunse una delle vie principali, via San Ilvenn, che segnava idealmente l’inizio del quartiere universitario. Era una delle vie più ampie della città, al punto che vi potevano passare due carri affiancati comodamente. Ed era anche una delle poche ad essere lastricate, insieme naturalmente alla Lungofiume, la strada che percorreva la città tagliandola verticalmente costeggiando il Natael, che poteva intravedere osservando alla sua destra.
Rimaneva sempre il problema di come attraversarla senza scendere dai tetti, un problema che non aveva una soluzione universale. Voleva evitare di essere vista, ma quel dì non fu così fortunata da trovare due carri che passavano in modo da potervi saltare sopra evitando la gente parendo solo un’ombra fugace, abbastanza materiale però da attirarsi le maledizioni e bestemmie dei carrettieri che potevano vederla.
Non vedeva altra alternativa che scendere, quella sera. La strada di fianco alla casa sul cui tetto ora stazionava era provvidenzialmente vuota, eccezion fatta per due figure ammantate che andavano nella direzione opposta.
Scese con un piccolo salto e i suoi stivaletti si posarono sulla terra battuta della via.
Si rese conto solo ora di quanto effettivamente facesse freddo. Non era come sui tetti delle case, riscaldati da focolari e camini.
Si sistemò il mantello cercando di coprirsi il più possibile, cappuccio compreso, per quanto il corno rosso che le cresceva sulla fronte, pur essendo relativamente corto, non si potesse mai nascondere del tutto.
Un refolo d’aria fredda autunnale riuscì a insinuarsi sotto al mantello, e la ragazzina si convinse che avrebbe dovuto anche allacciare il farsetto. Ma non c’era tempo, e si limitò a proseguire. Attraversò la strada, rischiarata solo da poche lanterne, ma si accorse che qualcosa non andava. Poco più in là, all’imboccatura di un vicolo, alcune persone ne avevano circondata un’altra, con intenti evidentemente poco amichevoli.
Stai lontana dai guai, si disse.
Ma era troppo tardi. Aveva riconosciuto la persona in pericolo, e si fece avanti.
-Od, dì ai tuoi di lasciare Nasalt.
-Falce e spiga!
Bestemmiò quello che rispondeva al nome di Od. Un ragazzino di circa sedici anni, vestito di stracci e scalzo, accompagnato da altri ragazzetti della stessa risma. Lui era il più robusto, il più forte, era il capo.
Nettamente diverso era il ragazzo fino a poco fa oggetto delle minacce di quel gruppetto. Eikha lo aiutò a rialzarsi dal fango. C’erano parecchi rivoli di acqua sporca lungo le case, e lo avevano appena fatto cadere in uno di quelli. Come risultato, il povero Nasalt emanava un pessimo odore. Questi, non appena rialzato, recuperò la sua dignità, e anche le candele che gli erano cadute, richiudendole con lo spago. Si guardò la veste da aspirante Storico, ornata da complicati ricami rossi ora insudiciata, e emise un sospiro sconsolato. Eikha strappò di mano a Od la borsa di Nasalt e gliela restituì.
-Ehi! Od cercò di protestare, ma Eikha gli piantò addosso i suoi occhi, uno dorato e l’altro azzurro. L’intensità di quei colori, e soprattutto il loro luccicare al buio, fece indietreggiare il ragazzino.
-Vattene, tornatene nell‘Avello! Gli disse lui a denti stretti.
Lei non rispose, prese Nasalt per un braccio e si incamminò lungo la strada.

1 commenti:

Il Duca di Baionette ha detto...

Come incipit non è molto entusiasmante. Dovresti rifarlo in futuro, applicando quanto avrai imparato con i suggerimenti dei manuali di scrittura.
Potresti rifare la stessa scena o una scena diversa: decidere cosa mostrare nell'incipit non è una cosa facile perché determina in modo notevole le aspettative del lettore, il cosiddetto "patto" tra lettore e scrittore.
L'incipit è la parte più importante del romanzo, seguito solo dal climax del finale.
Comunque, quale che sia la scena, la cosa fondamentale è che scorra bene.

Ti mando alcuni suggerimenti di modifica per questo brano via mail, in un file doc.
Se ci sono problemi o vuoi ulteriori chiarimenti fammelo sapere e vedrò "se" e "come" potrò aiutarti. ^__^